Conte Cagliostro

Conte di Cagliostro, il misterioso siciliano tra storia e leggenda

 

 Avventuriero, esoterista e alchimista, il Conte di Cagliostro rimane uno dei personaggi siciliani più misteriosi. Nacque a Palermo nei 1743 e, dopo una vita errabonda nelle corti europee, fu condannato dalla Chiesa cattolica al carcere a vita per eresia, quindi rinchiuso nella fortezza di San Leo.

La vita di Cagliostro

Non ebbe una vita tranquilla: visse a Palermo, Messina Roma, Madrid, Lisbona e Londra, giusto per citare alcune mete. In dieci anni girò il mondo tra magia, alchimia e massoneria. Entrò e uscì dal carcere più volte e si fecce anche nemici potenti. Fu anche un indovino: annunciò, infatti, la morte dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, che avvenne otto giorni dopo, e predisse gli avvenimenti politici che sconvolsero la Francia (la Rivoluzione del 1789, la morte dei regnanti, la nascita della Repubblica).

A Roma conobbe Lorenza Feliciani e la sposò nel 1768. I due iniziarono a girovagare per l’Europa, circuendo persone ricche e potenti. Ebbero un tenore di vita molto alto. Fu proprio la moglie, nel settembre del 1789, ad accusarlo di eresia e di appartenere alla massoneria. Venne arrestato e rinchiuso a Castel Sant’Angelo. Anche Lorenza venne arrestata e finì nel convento di Sant’Apollonia, a Trastevere.

 

Elisir di Lunga Vita

Oltre a essere un avventuriero, fu principalmente un esoterista e alchimista, ma non solo. 

Si presentò spesso come taumaturgo, guadagnandosi simpatia e popolarità, perché non si faceva pagare dai poveri a meno che non si ottenesse la guarigione (dai ricchi, invece, si faceva pagare!).

A Strasburgo si finse medico ma le sue tisane a base di erbe, la cui ricetta si è conservata, si rivelarono semplici placebo. Le guarigioni di gangrene ottenute bevendo liquori sono fantasie diffuse da lui stesso, che tuttavia ottennero l’effetto sperato: si riuscì così a presentare a tutta l’Europa come l’unico uomo in grado di risolvere qualsiasi problema. E la sua fama toccò il culmine proprio in quel periodo, alla fine del 1700.

Per curare i malati utilizzava prodotti naturali creava, così dei composti che, uniti alla suggestione, avevano un forte impatto sulla gente. Avrebbe creato anche filtri d’amore e composti afrodisiaci, ma il suo preparato più noto è l’Elisir di Lunga Vita. In alcune farmacie, fino al 1940, veniva ancora preparato.

La prigionia e la morte

Cagliostro venne condannato all’ergastolo. Dopo aver abiurato nel 1791, venne trasferito a San Leo, nell’appennino tosco-romagnolo. Venne rinchiuso nella storica Rocca. Dalla prima, misera cella, venne trasferito nella peggiore che si potesse ricavare, chiamata il Pozzetto. Era priva di porta e venne calato lì da una botola. All’iniziò della prigionia mostrò grande devozione, espressa da preghiere e digiuni, ma presto diede segni di instabilità psichica, alternando ribellioni e crisi mistiche.

La morte giunge per lui il 23 agosto del 1795. Lo trovarono semiparalizzato nel suo tavolaccio. Come scrisse il cappellano della fortezza, fra’ Cristoforo da Cicerchia:

«Restò in quello stato apoplettico per tre giorni, ne’ quali sempre apparve ostinato negli errori suoi, non volendo sentir parlare né di penitenza né di confessione. Infine de’ quali tre giorni Dio benedetto giustamente sdegnato contro un empio, che ne aveva arrogantemente violate le sante leggi, lo abbandonò al suo peccato ed in esso miseramente lo lasciò morire; esempio terribile per tutti coloro che si abbandonano alla intemperanza de’ piaceri in questo mondo, e ai deliri della moderna filosofia. La sera del 26 fu tolto dalla sua prigione per ordine de’ suoi superiori, e fu trasportato al ponente della spianata di questa fortezza di S. Leo, ed ivi fu sepolto come un infedele, indegno dei suffragi di Santa Chiesa, a cui non aveva quell’infelice voluto mai credere».

Essendo stato un grande illusionista, abilissimo con i trucchi, gli venne messa una candela accesa sotto la pianta dei piedi per accertarne con sicurezza l’effettivo decesso e che quindi Cagliostro non stesse fingendo.

La leggenda narra che nel 1797, il comandante dell’esercito rivoluzionario che si impadronì del Forte di San Leo, chiese dove fosse stato sepolto e, una volta fatti riesumare i resti di Balsamo, per omaggiarlo bevve del vino dal suo teschio.

 

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